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L’INFANZIA DELLA PITTURA

Galleria Carini
Firenze, 1989.

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LE OPERE

A: Osservo queste opere: nel loro articolare gli elementi della pittura moderna, dalla cornice alla tela al campo di colore, esse paiono procedere con la distanza grave del rito.
B: Un rito sommamente impuro, in cui la pittura pare aver preso da sempre distanza da se stessa. Un rito colmo di consapevolezza che la pittura moderna ha perduto la sua potenza analogica, la sua capacità di alludere ad una totalità morale posta al di là dell’estetico.
(…)
A: La pretesa di dissolvere il mito è, in tal senso, la forma suprema di accecamento. Queste opere di Pirri cercano, al contrario, di essere all’altezza della pretesa che il mito della pittura moderna ci tramanda, e vi riescono elaborando le ambiguità del mito della pittura moderna nella scansione temporale del rito. Il raddoppiamento, la doublure, la dissezione, sono le movenze nè totalmente pure nè compiutamente impure – poichè custodiscono, seppur nel rovesciamento, la memoria di una purezza che viene dichiarata necessaria seppur impossibile da mantenere – di una sorta di rappresentazione teatrale della pittura, di un rito i cui personaggi agiscono nel tempo sospeso della ripetizione. Tableau allegorici, quadri fatti di tempo, che ricordano un’altra origine, teatrale, della rappresentazione pittorica…
B: Mi viene in mente, non so perchè, la prosa di un amico lontano… “Lo sguardo vaga fuori dalla stanza: sulla terrazza del palazzo accanto l’aria vibra di calore. Tutt’intorno è luce netta, e ombra chiara. Ma sulla superficie ocra di quel pavimento, deserto da persona, l’occhio incontra l’illusorio ostacolo, la curva di una presenza, il miraggio di uno stato irripetibile. Una donna esce sul balcone. La cornice lignea della finestra appare. La luce, il giorno, le cose nel giorno e nella luce sono.”

Giorgio Maragliano