La Grancia, Centro Civico per L’arte Contemporanea
Serre di Rapolano (Siena) e Roma, Tor Bella Monaca, 1997 e 1998

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Ho preparato una serie di acquarelli chiamati Sonno d’Europa nello stesso periodo in cui lavoravo alle sculture dal titolo Ratto d’Europa. Al centro è dipinta, a pressione con una matrice metallica, la frase QUI RIPOSA tradotta in dodici lingue europee. Le parole sono circondate da un riquadro indaco scuro, quasi nero. Tutto è immerso in un alone di colore liquido, acquatico, emanante colore e luce. L’immagine riposa in una quiete sognante, ancora in equilibrio fra il basso della tomba e l’alto del sogno.
Per la mostra “Luoghi ritrovati: 6 artisti europei”, a cura di Zerynthia, presso il Centro Civico per l’Arte Contemporanea “La Grancia”, ho realizzato un ambiente diviso in due parti. Entrando nella stanza, nelle pareti di destra e di sinistra erano incassati gli acquarelli uguali nella forma, ognuno composto da tre fogli orizzontali di carta incassati nell’intonaco e distribuiti in modo tale da apparire in continuità l’uno con l’altro. Sulle pareti c’erano pure degli incassi vuoti, senza fogli. Il tutto dava l’impressione che la pittura scorresse nella parete come la linfa che scorre nel corpo, sotto la pelle. L’edificio, un corpo pulsante, vivente; le pareti, una pelle diafana, biancastra, sotto la quale fluisce il colore. La composizione faceva pensare pure a singoli fotogrammi di un film in svolgimento. Le due pareti laterali erano collegate da una serie di finestre che occupavano per intero la parete frontale, finestre molto ampie dalle quali era possibile ammirare il paesaggio della valle degradante alla base dell’edificio. In basso una visione di colline e valli, in alto il cielo azzurro. Tre grandi elementi dipinti in indaco molto scuro erano posti davanti alle finestre, nella parte bassa, scoprire la vista del paesaggio, mentre era possibile continuare a vedere il cielo. Il retro dell’opera era dipinto d’azzurro, lo stesso azzurro del cielo. Quest’azzurro si riverberava sui bordi degli elementi, sulle finestre, e riempiva di sé tutta la parete frontale, facendo entrare il cielo con il suo colore e la sua dimensione infinita nell’ambiente. Gli acquarelli nelle pareti, e le paretti stesse, sembravano condividere questa luminosità portata da una superficie pittorica che concentrava in una dimensione schiacciata l’aspetto diurno, proveniente dall’esterno, e quello notturno, quell’indaco scuro sempre presente all’interno della stanza che andava a ricongiungersi al cielo con il progressivo avvicinarsi della notte.

opere

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