Passi: distanze che separano i due piedi durante la camminata.

Passi: opera d’arte ciclica presentata all’inner room nel 2011. Composta da lastre di specchio adagiate sul pavimento che creano un ambiente unico di profondo impatto e che si rompono incontrollabilmente in base al peso esercitato dal corpo del visitatore quando percorre l’opera fisicamente.
Vedere VS Guardare
Si guarda tutto, ma il reale riflesso è quello che convenzionalmente la cultura umana intesa come sistema di costumi e abitudini acquisite permette ad una persona di decodificare. Esso non è la realtà ma solo un riflesso. L’opera “Passi” è stata presentata all’inner room nell’ambito del ciclo sullo scopo dell’arte, come ottavo appuntamento ed affronta il tema del camminare nella visione rinnovata. Per definire o ridefinire lo scopo dell’arte è necessario compiere dei passi, che causano delle crepe nel reale riflesso. Il reale riflesso, così come si legge in uno specchio, è infatti l’elemento convenzionale e tradizionale: quello che c’è sempre stato e che è necessario rompere. Come un’azione di conseguenza. Camminare nella visione rinnovata causa la rottura del reale riflesso, per cui la realtà nuova che si determina è il risultato che nasce dalla rottura di quella riflessa. Tale rottura avviene fisicamente nel caso di “Passi”, ma a livello profondo avviene quando il significato dell’opera raggiunge i livelli intimi della persona, cioè quando la piena e corretta conoscenza è attivata ed è attiva. Rompere quindi è l’atto profondo del conoscere. Nelle parole che seguono cercheremo di spiegare, partendo dall’esperienza di quest’opera, che cosa accade.
“Passi” diventa allora una metafora di un camminare verso la libertà. Passi verso la libertà.
Come? Vediamo insieme.
Prima di tutto partiamo dal definire i tre elementi linguistici di questa frase che stiamo analizzando in riferimento all’opera: ovvero i passi, la direzione dei passi che è il verso e il destino o fine ultimo a cui questa direzione porta cioè, in questo caso, la libertà..
I Passi, ovvero ciò di cui si compone una camminata. Il camminare è sia il dirigersi (un moto) , che il fare esperienza. Camminare in un luogo significa fare esperienza di quell’ambiente; camminare in un tempo significa vivere in quel tempo, farne appunto esperienza. Fare esperienza significa conoscere sia quello che c’è all’esterno che quello che c’è all’interno e che la conoscenza appunto rivela.
Vediamo a questo punto la parola “verso”, che indica la direzione che uno segue, ovvero il destino a cui tende. Questo è inteso come ciò a cui si tende attraverso lo scopo precipuo per cui si vive. “Scopo”, vale la pena precisare, è la ragione ultima e profonda per cui una persona sente di essere nata: si mantiene costante ed indipendente da mode, sentimenti, pensieri e credenze. Il seguire questa ragione profonda ed unica determina il raggiungimento del proprio destino.
Libertà è l’ultima parola che analizziamo e che possiamo dire essere l’obbiettivo dei “Passi”. Molte sono le definizioni che l’uomo ha cercato di dare, ma quella più efficace ci presenta la libertà come il risultato del fare esperienza della realtà. Fare esperienza è appunto conoscere.
Ma che significa conoscenza e cosa vuol dire conoscere? E cosa hanno a che vedere queste parole con l’opera “Passi”?
La parola conoscenza ha assunto molti significati nel corso della storia, a seconda delle possibilità di apertura mentale degli uomini. In questa sede vogliamo analizzarne i livelli della conoscenza, basandoci su efficaci definizioni contemporanee, per il semplice fatto che l’ambito in cui ci muoviamo è quello del contemporaneo e le vogliamo riferire alla corrispondenza con l’opera d’arte.
Vi è innanzi tutto un livello base di conoscenza che in greco antico è detto con il termine “gnosis”. Esso indica quella conoscenza appresa attraverso i cinque sensi, quindi anche attraverso l’attività intellettuale ed anche scolastica, che elabora dati scientificamente intelleggibili o comprovabili al momento, indipendentemente dal potenziale presente in ciò che è analizzato. Infatti il la conoscenza “gnosis” si riferisce al guardare ma non al vedere. Tra i due termini c’è differenza come sopra indicato.
Questo è il livello di conoscenza in cui l’opera d’arte viene percepita solo a livello linguistico: ovvero l’opera può essere letta senza che attivi nella realtà “spirituale” cioè immateriale della persona nessuna esperienza profonda. Questo è il livello di conoscenza usato ad esempio dai medici che elaborano un referto o dagli insegnanti che vedendo i voti di un allievo ed in base a quelli dicono l’area in cui a loro dire riuscirà nella sua vita. L’insegnante di educazione fisica della sua scuola vedendo i risultati di Michael Jordan, divenuto poi il noto campione di basket, sentenziò che non avrebbe mai potuto far parte di una squadra di palla a canestro….
Passiamo poi al termine ulteriore e più profondo che riguarda l’esperienza, la percezione, la conoscenza, l’ informazione. Questa conoscenza in greco si indica con il termine “ginosko” che in sintesi significa la conoscenza rivelata. Ma di quale significato di conoscenza stiamo parlando in particolare con il termine “ginosko”?
Qui si intende qualcosa che uno conosce nel suo intimo, ovvero conosce in profondità, come se ne avesse fatto esperienza, ma senza il coinvolgimento dei cinque sensi. Si conosce qulacosa senza sapere come ciò accade. Rivelazione appunto.
A questo livello l’opera d’arte inizia ad attivare la persona nel suo profondo, mettendo in evidenza una realtà presente oltre il livello linguistico. Inizia ad evocare significati nell’interiorità delle persone, attivarne le emozioni, indipendentemente dal loro livello di conoscenza del linguaggio dell’arte. Evoca ma non manifesta. Rivela ma non decodifica; tuttavia non permette alla persona di avere il controllo su ciò che suscita perchè non è così profonda da attivare il potenziale interpretativo della persona. In sintesi si fa esperienza ma non si è in grado di interpretare e gestire l’esperienza. In altre parole uno inizia a conoscere cioè a vedere per rivelazione ma non si rende conto cioè non è cosciente di ciò che “vede”.
Passiamo al livello ancora più profondo della conoscenza che in greco è detto “oida”. Esso indica appunto il prendere coscienza, è un livello nel quale la persona inizia a prendere coscienza ovvero a rendersi conto di quello che vede e che l’opera d’arte trasmette. In altre parole una persona inizia a vedere con chiarezza il significato profondo che l’opera d’arte comunica o evoca a lui, ma ancora non riesce a coglierne la corretta ed autentica conoscenza, che gli permette di muoversi in risposta a ciò che l’opera evoca. Pur conoscendo in profondità ed in coscienza, non è in grado di operare in quanto non ha la corretta ed autentica conoscenza.
Questa conoscenza la si ha nel livello più profondo e che è detto “epignosis”: esso indica la precisa e corretta conoscenza di una cosa. Grazie a questo livello di conoscenza l’opera d’arte raggiunge nelle persone la pienezza di significato, ovverosia le persone dominano il significato profondo che l’opera d’arte attiva in loro e iniziano a cambiare e rinnovare il loro comportamento non essendo più assoggettabili al potere dell’ignoranza. In altre parole l’opera raggiunge quella dimensione di ambiente, che porta a modificare la vita delle persone svelando e rivelando, come quando uno passa da un ambiente freddo ad uno caldo ed inizia così a modificare e rinnovare la propria vita per funzionare in modo corretto e pieno. Ogni vita ha infatti bisogno di un ambiente specifico per vivere e svilupparsi: basti vedere le piante.
L’opera “Passi” possiamo definirla un’unità di crisi perchè in maniera molto forte attraversa tutti questi livelli di conoscenza in modo quasi terapeutico: il visitatore viene messo davanti ad una scelta. Continuare a guardare oppure accettare di vedere? Guardare un’ opera in uno spazio convenzionale, quindi accettata convenzionalmente, oppure accogliere l’invito dell’opera a rompere la crosta specchiante e vedere se e quali irrazionalità popolano la mente? Vedere in questo caso vuol indicare avere conoscenza nel significato di epignosis e questa conoscenza porta alla libertà perchè permette di vedere e non di fermarsi al guardare. Camminare nella visione o fermarsi alla convenzione?
Tutte domande che quest’opera pone provocando una crisi ovvero una necessaria scelta. Accogliere “passi” e percorrerla porta comunque ad una rottura. Per un verso, del bagaglio di superstizione di cui la mentalità comune è spesso impregnata; lo specchio, infatti, è un elemento carico di significati, così come la sua rottura. “Passi” dunque, combatte l’irrazionalità, la superstizione ed il pregiudizio ed intende svelare la pochezza di certi rituali che, se presi sul serio, finiscono per condizionare negativamente la vita dell’uomo, questa analisi critica si estende a considerare ogni rituale e rito anche quelli interni all’arte come fortemente condizionanti e pregiudicanti, ragionare in termini di scopo invece diventa l’elemento di apertura e creazione. Ma anche, come abbiamo già detto in precedenza, alla rottura della crosta di convenzionalità che bloccano la mente in vecchi pensieri e che costituiscono appunto il reale riflesso.
Ulteriore elemento di novità nella serie “Passi” è stato dato dall’amplificazione sonora delle rotture, che sono ricondotte a misura ambientale autonoma, nello stesso spazio espositivo in cui il gesto diventa suono e diventa forma. Con questo si è creato un nuovo strumento musicale e nel contempo una nuova partitura composta ed eseguita dal musicista Fabrizio Tiezzi che ha formalizzato in suono il risultato dei passi.
“Passi” costituisce una grafia in divenire, un grande quadro astratto, elemento quest’ultimo che lo ascrive nell’ambito dell’astrattismo italiano. Un astrattismo contemporaneo portato alla dimensione ambientale e cinetica, componenti queste che ne arricchiscono il linguaggio.

Federico Fusi