Testo di Anna Maria Nassisi per la mostra Beyond, Alfredo Pirri e Miroslaw Balka
Bunkier Sztucki, Contemporary Art Gallery, Cracovia, 2007
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Ecco l’occhio del tempo
scruta torvo
da sopracciglio di sette colori
Fuochi lavano la sua palpebra,
la sua lacrima è vapore.
La cieca stella si avventa a volo
e fonde a quel più scottante ciglio;
si fa caldo il mondo,
i morti
gemmano e fioriscono.
Paul Celan, Occhio del tempo
Beyond – Oltre
L’arte è sempre ricerca della durata, ricerca di un ordine costruttivo de linguaggio capace di esaltare la creatività dell’individuo contro la morte e la omologazione di massa. Nella cultura di questo secolo è possibiledunque rintracciare un senso „assoluto” dell’arte che esalta il valore dellalibertà creativa. Tale valore coniuga la creazione artistica alla ricerca di una spiritualità che diviene affermazione necessaria contro la caducità del’effimero. Se l’artista, nella sfida creativa, affida la propria speranza alla forza della propria opera, è evidente che il suo operare risulti alla fine essere una sorta di atto meditativo. Tale esercizio richiede fiducia nell’umano, il superamento di ogni barbarie, il recupero della capacità contemplativa del sociale verso l’opera d’arte. L’oggetto artistico, complesso intreccio di forma e contenuto, è il solo in grado di ridefinire il proprio linguaggio in uno spazio ricco di storia e quindi di memoria e nel suo rapporto di dipendenza-indipendenza con la vita. Il progetto Beyond dal quale è nato l’evento che qui presento, ha messo a confronto due artisti contemporanei, Miroslaw Balka e Alfredo Pirri ai quali ho chiesto un contributo, sul tema del lato oscuro del Moderno.. Entrambi hanno risposto, positivamente, consapevoli entrambi del valore di tale contributo rispetto a problematiche e riflessioni che riguardano tanto l’arte contemporanea quanto il nostro tempo e il senso della vita. Il percoso della mostra dei due artisti rende visibile, per il tramite del linguaggio dell’arte, l’importanza oggi di „pensare Auschwitz „ non in quanto evento del passato, bensì memoria vivente che attraversa le nostre coscienze contemporanee per divenire fondamento di una nuova eticità.
La Parabola del Moderno
Il Doppio dà forma alla strutturazione epistemologica del Moderno. Esso diviene specularità ossessiva che segna una parabola del teorico, terreno del tutto possibile. Follia e sogno sono a un tempo tracce dell’estrema soggettività e di una ironica oggettività; non esiste contraddizione. La poesia del cuore, la solitudine finale, esasperata dal suo lirismo, si immerge nelle ombre della caverna di Platone, archetipi, esse, di una duplicità, di una doppiezza infinita. Come gettato nella sua notte, l’uomo si ricollega, oltre la memoria, ai vecchi mondi degli incantamenti, delle cavalcate fantastiche, delle streghe appollaiate sui rami degli alberi morti. Goya riscopre le grandi immagini dimenticate della follia. Il mostro che soffia i suoi segreti nell’orecchio del monaco nella „casa del Sordo” non è forse parente dello gnomo che affascina il S. Antonio di Bosch? Nel momento in cui i moderni vincono la loro battaglia sugli antichi l’ottimismo diviene la consapevole acquisizione della valenza straordinaria della trasformazione scientifica e tecnologica, che cambia i linguaggi stessi dell’arte. L’opera di W.Benjamin del 1926 segnala, con una acutezza irripetibile, l’avvento della riproducibilità tecnica nell’arte riproducibilità che modifica il rapporto delle masse moderne con l’arte Le avanguardie di fine ‘800 affidano al futurismo l’espressione di tale trionfo. Il „moderno” celebra i fasti del progresso industriale e le grandi esposizioni e fiere incoraggiano la ricerca di qualità estetica nel prodotto industriale. Costruttivismo e Bauhaus danno vita a un nuovo linguaggio e a nuovo metodo di lavoro, elastico, induttivo, capace di definire una nuova qualità della forma, la cui geometrizzazione diviene base di una creatività progettuale e quindi funzionale. Per questa via l’artista raggiunge il suo scopo essenziale, che è quello di determinare il piacere estetico attraverso l’impiego di „forme”, funzionali all’individuo.Nello stesso momento si insinua nelle coscienze, e quindi nella cultura, l’idea di una modernità che comincia a mostrare al suo interno tratti di doppiezza e di ambiguità. Freud conferisce statuto scientifico all’”inconscio umano” e la modernità, diviene „il transitorio, il fuggitivo, il contingente per una parte, per un’altra è l’eterno e l’immutabile” (Baudelaire). L’illuminismo, che è la radice prolifica dalla quale è nato il moderno, finisce nell’ombra dell’ipnosi collettiva di Mesmer, delle magie di Cagliostro, del regno degli indovini. La dea ragione trascina nel suo corteo gli incubi che per lungo tempo hanno sonnecchiato nelle tenebre, geni torturatori che una luce troppo viva sembra avere ridestato. Mefistofele si incammina verso Goethe dal fondo del medioevo. Da tutte le incrinature di un mondo troppo povero di sogni, il soprannaturale riemerge. Lo spirito visionario di W. Blake discende nel cuore delle tenebre per ricondurre alla superficie un corteo di angeli e di demoni, luminose apparizioni androgine, mostruosità che svelano la doppiezza dell’esistere individuale e collettivo in seno alla modernità. In Bosch o in Brueghel queste forme nascevano dal mondo stesso: attraverso le fessure di una strana poesia; esse salivano dalle pietre, dalle piante, sorgevano da uno sbadiglio animale: la complicità della natura concorreva a formare la loro ronda. Le forme di Goya nascono dal nulla: esse sono senza fondo, sia perché si distaccano dalla più monotona delle notti, sia perché nulla può definire la loro origine, il loro termine e la loro natura. Quale albero sostiene il ramo su cui stridono le streghe? Vola? e verso quale sabba e qual radura? In tutto ciò non c’è nulla che parli di un mondo, né di questo né di un altro. Tali forme divengono profezia di quel „sonno della ragione”, che Baudelaire legge come doppio volto del moderno. Dal bifronte e kantiano percorso del moderno nel XX secolo emerge nel pensiero filosofico, storico, artistico il volto oscuro di una modernità che si misura con l’orrore e il terrore, con la morte. La storia inghiottisce il
tempo con le fiamme di un inferno in cui fiorisce soltanto la morte „ Ecco l’occhio del tempo scruta torvo da sovracciglio di sette colori. Fuochi lavanola sua palpebra, la sua lacrima è vapore. La cieca stella vi si avventa a volo e fonde a quel più scottato ciglio : si fa caldo il mondo, morti gemmano e fioriscono” Così in Occhio del tempo P. Celan vive la sua drammatica esperienza e l’immensa ferita di una storia, di una memoria e di un lutto collettivo che che si è consumato a Dacau, Buchenwald, Auschwitz
…Beyond…. Oltre un avverbio e una metafora evocativa di un luogo: Beyond luogo dove l’avventura tragica dell’umanità incontra quella dell’uomo, della „fine dell’uomo”e tenta di passare al di là dell’uomo stesso e dell’umanesimo e rimuove, così, nello stesso momento, le basi di ciò che l’illuminismo aveva generato. Una cultura di morte, una cultura fatta di tenebra diviene espressione di un tipo particolare di modernità, una crisi che sottolinea il frammentario, il decomposto e al tempo stesso una condizione di „incredulità” di fronte a una vicenda che ha indelebilmente segnato la storia presente le nostre coscienze e la vita collettiva.
Se la modernità si nutre di un consapevole ottimismo :il sapere scientifico è un sapere diacronico/sincronico, vale a dire memoria, progetto.e trasformazione. Nel suo lato oscuro reso visibile dal nazismo e dal fascismo, la modernità implica una perdita di senso, una rottura, l’affermarsi di un sapere sincronico, sicché „la validità” degli enunciati scientifici e narrativi non è sottoponibile „all’argomentazione e alla prova. La connessione causale dei fenomeni viene sostituita dalla fede nell’instabilità, nella casualità del sapere scientifico. L’Enciclopedia dell’epoca dei lumi è sostituita dalla banca dati, la natura un terreno di gioco a informazione incompleta.
E’ questo un altro nodo centrale : Il campo è lo spazio che si apre quando lo stato di eccezione comincia a diventare la regola. Lo sterminio sistematico di tutti coloro che avrebbero potuto nuocere alla purezza della razza ariana,l’eliminazione sistematica di ebrei,e poi omossessuali e zingari diviene possibilità e regola grazie a un sapiente uso di un sistema di schedature computerizzate.L’IBM, infatti, collabora con il regime alla identificazione veloce ed efficiente degli ebrei, differenziando al loro interno gli ebrei dell’Est e dell’occidente e includendo via via tutte le altre categorie da sopprimere.. Una macchina mortale che ricorda uno racconto di Franz Kafka straordinario scrittore visionario. „ Gli uomini -e-giudei, la nuvolaglia di popolo, anima di fumo Non vedevano, no, essi discutevano di parole. Non vi fu risveglio, il sonno venne su di loro…Cenere, Cenere, Notte,Notte. e.Notte” La immane tragedia tratteggiata da P.Celan è il risultato di un progetto scientifico. Il nazismo non fu solo l’Irrazionale, bensì è il trionfo di un sapere che privilegia la morte, un sapere consapevole di essere immerso nella notte della ragione, ma pur sempre nell’ambito del moderno.
Da qui la frattura tra significati e significanti, una rivoluzione profonda della percezione e della rappresentazione. L’indagine storica si costituisce così in una teoria interpretata come un sistema in cui sincronia e diacronia non interagiscono più, e perdono, quindi, il loro essere essi portanti della conoscenza. In questa notte l’uomo comunica con ciò che vi è di più profondo in lui e di più solitario. Il deserto di S. Antonio di Bosch era infinitamente più popolato, il paesaggio di Margot la Pazza era solcato da un linguaggio umano, anche se nato dalla sua immaginazione. A partire da questo istante i volti stessi si decompongono: non è più la follia dei Capricci, che creava maschere più vere della verità dei volti; è una follia sotto la maschere, una follia che morde i volti, rode i tratti del viso; non ci sono più né occhi né bocche, ma sguardi che vengono dal nulla e si fissano sul nulla, gradi che escono da buchi neri. La „follia” è diventata la possibilità di abolire l’uomo e il mondo. Ben al di sotto del sogno, ben al di sotto dell’incubo e della bestialità, la follia è diventata l’ultimo scampo: la fine e l’inizio di tutto. La non-ragione continua a vegliare nella sua notte, ma in questa veglia prende contatto con nuovi poteri. Il suo non-essere diventa potenza annientatrice. Non è più il „folle” shakespeariano, che col gioco della sua follia disvela il mondo e permette un acuto senso di conoscenza. Dopo Sade e Goya „ il sonno della ragione che produce mostri” diviene tratto permanente della modernità e il mondo doppiezza non disvelata. È necessario andare dietro lo specchio di Alice per scoprire la doppiezza del moderno che caratterizza ancora oggi la vita contemporanea. La dispersione della soggettività creativa interagisce e in qualche modo rispecchia la dispersione soggettiva dei modi di lavorare e vivere. Segmentazione territoriale del mercato, dimensione mondiale della ristrutturazione, cambiamento negli stili di vita si connettono a una altrettanto imponente trasformazione della cultura, a tutti gli standards di etica e di significato, Oggi in una fase di acuta crisi del pensiero occidentale, il cosiddetto pensiero „postmoderno”, l’arte e l’artista contemporaneo sono chiamati al compito e allo stesso tempo alla responsabilità di riannodare misura e dismisura, techne e immaginazione, su un terreno che, spingendosi consapevolmente più avanti, possa penetrare in smagliature non previste dalle antiche regole delle geometrie euclidee, e restitutisca energie di scambio e vitale tensione che proietti in avanti visioni future. Solo se abbiamo piena consapevolezza che da contemporanei ci muoviamo ancora sul terreno del moderno, saremo in grado di cogliere anche la sua ambiguità. Ambiguità che si rivela da una lato attraverso il permanere, nel pensiero postmoderno, della l’idea di morte: morte dell’arte, morte di un sapere diacronico-scientifico, morte dell’uomo, morte della storia, dall’altro prende consistenza una nuova epistemologia della storia che porta a riguardare gli eventi che il nazismo ha prodotto in Europa, come un evento dal quale partire per dare nuova energia a un pensiero Occidentale oggi agonizzante. C’è quasi una cesura nel ‘900: il 1933. Questa data ricorre come una costante nelle biografie dei grandi intellettuali tedeschi prima e europei poi che fuggono all’avvento di un potere sanguinario in parte in Inghilterra e quasi tutti negli US. I93333333 …L’elenco sarebbe interminabile, sembra di vedere tra tutti il mesto sorriso di Thomas Mann di fronte a Gropius ad Harvard e poi in California di fronte ad Adorno, Schomberg, il fratello Heinrich… E’ questa data che svela il volto oscuro del moderno.
L’Europa perde irrimediabilmente le straordinarie personalità intellettuali che hanno segnato la trasformazione radicale dei linguaggi dell’arte, della filosofia, della scienza, della psicanalisi nella prima metà del secolo XX.
Con questa lente si può guardare oggi alla Schoah.
Noi siamo oggi nella posizione di chi ripensa a un passato recente con le parole di W.Bernjamin :in Angelus Novus „C’è un quadro di P. Klee che si intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati e la bocca aperta, le ali distese : ha il viso rivolto al passato.. .Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto… ma una tempesta si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più richiuderle : questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo.” E’ questo cumulo di rovine che inquieta.. La Shoah è oggi riconosciuta come uno degli episodi più tragici della storia dell’umanità ed è diventato paradigma della violenza del XX secolo e, in un senso più ampio, della modernità. Un aspetto quasi ermeneutico del doppio volto del moderno: non una follia sanguinaria , o meglio anche,quella del nazismo, bensì e soprattutto uno scientifico progetto di morte che come una diagonale attraversa l’Europa, popoli, razze e coscienze. In qualche senso anche l’andamento e lo snodarsi della terza rivoluzione industriale che oggi caratterizza il nostro mondo esprime la doppiezza ereditata dal passato.
Viviamo in un mondo catturato, sradicato e trasformato dal titanico processo tecnico-scientifico dello sviluppo del capitalismo, che ha dominato i due, tre secoli passati. Il futuro non può essere una continuazione del passato e vi sono segni che siamo giunti a un punto di crisi profonda. Le stesse strutture delle società umane, comprese alcune basi sociali dell’economia capitalistica, sono sul punto di essere distrutte dall’erosione di ciò che abbiamo ereditato dal passato della storia umana. La contraddizione tra trasformazione profonda del modo di produrre e di vivere in un sistema globale ed economia mondo e la pervasiva cultura di morte che rischia di divenire dominante si connettono strettamente. La nostra „civiltà a un bivio” deve fare delle scelte radicali: di fronte a una contemporaneità, grande Medusa che continua a generare mostri e terrificanti immagini pietrificate. La realtà sembra nascondersi dietro i simbolismo-gotico-medioevale ossessivo di Baltrusaitis, il quale pone in luce in modo chiarissimo e inquietante che fuori del mostruoso simbolico esiste una realtà ed è compito dell’intellettuale rappresentare e conoscere; con occhi che guardino in profondità, per svelare e leggere il mondo. La catastrofe dello sterminio diviene paradigma della necessità di una nuovo epistemologia che recuperando la memoria possa dare vita a una cultura sempre meno conformista che la liberi dalla „eclissi del volto”, di visibilità critica che costituisce il dramma profondo della cultura europea. In ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che è in procinto di sopraffarla.
Dalle ceneri di Auschwitz nasce lo stato di Israele, anche se la lunga amnesia che ha caratterizzato gli anni che hanno seguito la Shoah, seppure compensata dalla nascita di uno stato nella „terra promessa”, sono anni che la memoria individuale vive come silenzio, quasi che il totale annientamento dell’identità dei deportati, rasati, schedati con numeri in successione aritmetica avesse disintegrato la volontà oltre che la possibilità di dare parole e visibilità a un grumo di immenso dolore quasi solidificato, personificato aldilà degli individui., memoria di un tempo senza tempo, per chi sopravvissuto ritorna nel tempo della vita quotidiana. Quello che non si è in grado di raccontare e scrivere, ad eccezione della grande trasgressione rappresentata dalla poesia di P. Celan, si scioglie tra le braccia materne e accoglienti della terra promessa, di quel Israel che accoglie con braccia consolatorie il grande dolore dei suoi figli. che cominciano una nuova vita con rinnovata speranza: „la nostra vita è semplice e piccola opera che io scrivo giorno per giorno, ora per ora. Non è qualcosa di grande, di ardito. Milioni di uomini e donne l’hanno già fatto prima di me. Ma questa è la mia e io la vivo con tutte le forze”. (D.Grosmann,).Benché eretta a religione civile del mondo occidentale, la Shoah rimane un nodo dell’oggi, metafora per designare la insicurezza dei confini israeliani e nello stesso tempo prisma di lettura del presente : memoria non pietrificata e tanto meno solo celebrata, bensì, parafrasando le parole di P. Ricoeur, evento fondatore e discriminante, trauma collettivo, memoria in grado di rendere possibile, a partire dal contenuto del ricordo, un nuovo senso e un nuovo significato all’umano essere al mondo, impronta che connette l’ambizione del presente al ricordo, la testimonianza, alla storia, struttura di transizione tra memoria e storia, tempo compresso la cui carica di passioni, sentimenti e ricordi costruisce la struttura portante che dà senso al nostro vivere quotidiano. Il moderno, con il suo parabolico percorso nello spazio-tempo incontra ancora una volta il suo doppio sul finire del secolo appena terminato, da un lato il qui e „adesso” della storia tra sincronia e diacronia, dall’altra il narciso contemporaneo che autoriproducendosi, si nutre della sua stessa immagine, in delirio di solitudine sino alla fine dei giorni.E’ su questo crinale, compresso tra passato e futuro che oggi noi, ci muoviamo, incerti.
Anna Maria Nassisi
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